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Catacombe di Napoli Verificato

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Seconde per estensione solo a quelle di Roma, le Catacombe di Napoli sono cimiteri sotterranei d’età classica.

 

Storia e origini delle Catacombe di Napoli

 

Al di sotto di Rione Sanità che fu necropoli e area cimiteriale, sorsero nove catacombe paleocristiane e complessi ipogei di cui solo alcuni sono stati riportati alla luce, come quello di San Gaudioso, San Gennaro, San Severo e l’ossario delle Fontanelle. Il cimitero ipogeo di San Gaudioso sorse dopo la morte dell’omonimo vescovo ivi sepolto tra il 451 e il 453 d.C. Venne ampliato successivamente e ospita al suo interno elementi appartenenti ad epoche diverse come ad esempio mosaici e affreschi del V-VI secolo fino alla sontuosità delle sepolture del Seicento, quando le catacombe riassunsero la loro funzione di sito sepolcrale. Il nucleo originale delle catacombe di San Gennaro invece, risale al II secolo a.C. L’ampliamento del IV secolo fu dovuto alla deposizione delle spoglie di Sant’Agrippino, il primo patrono di Napoli, nella Basilica ipogea che gli fu dedicata.

 

Le catacombe cristiane

 

La tipologia di catacomba cristiana si articolava in lunghe pareti laterali chiamate ambulacri che ospitavano cavità in cui erano tumulati i cadaveri delle persone meno abbienti; mentre, i corpi dei personaggi appartenenti ai ceti sociali più elevati, venivano inseriti nei loculi. Le nicchie contenenti uno o più cadaveri erano disposte su file verticali e alla sommità erano sovrastate da un particolare arco detto arcosolio generalmente decorato. Ad avvenuta morte, i corpi venivano sottoposti al procedimento della scolatura, in modo da far perdere loro i fluidi. Posti in piccole cavità, dette seditoi, al di sotto di essi veniva posto un vaso per raccogliere i fluidi e al termine del processo, le ossa erano lavate e poste nel luogo definitivo di sepoltura. A Napoli, questo compito era assolto da una figura chiamata schiattamuorto ma, essendo gli ambienti delle catacombe angusti e malsani, le condizioni igieniche erano tanto drammatiche da provocare inevitabilmente delle malattie.

 

Lux in tenebris

 

L’intero sito archeologico è stato dotato di un impianto di illuminazione a Led che na valorizza e definisce le forme. Realizzato nel 2009 per fornire un’adeguata illuminazione che permetesse di valorizzare senza danneggiare il patrimonio musivo e pittorico del sito, sfrutta la tecnologia Led che non espone le opere a radiazioni infrarosse e ultraviolette. Inoltre nello stesso anno si sono realizzati due progetti importanti tra cui, uno che ha  permesso di abbattere tutte le barriere architettoniche con la realizzazione di passerelle e rampe, in modo da poter rendere il sito accessibile a tutti; e il secondo, chiamato Napoli tra le mani, che ha studiato un percorso per ipovedenti e non vedenti caratterizzato dalla possibilità di un’esperienza tattile che ripropone i luoghi più rappresentativi del sito.

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