Macchina di Santa Rosa
Ogni anno il 3 Settembre, si tiene il più atteso evento della vita sociale dei cittadini di Viterbo la suggestiva processione della Macchina di Santa Rosa, un baldacchino alto circa 30 metri con in cima la statua della Santa Patrona della città.
Le origini della Macchina di Santa Rosa a Viterbo
La realizzazione della Macchina di Santa Rosa, deve le sue origini al trasferimento delle spoglie della santa nel Santuario a lei intitolato avvenuto il 4 settembre del 1258. Da allora, si è deciso di trasportare in processione una statua della Santa su di un baldacchino che nel corso dei secoli ha subito un notevole aumento di dimensioni.
L’evoluzione della Macchina di Santa Rosa dal 1952
Dal 1952 fino ad oggi sono state realizzate dieci diverse macchine che si sono succedute negli anni subendo notevoli trasformazioni dal punto di vista dello stile e dei materiali utilizzati per la costruzione. Si è infatti passati da macchine in stile gotico realizzate in ferro e legno e illuminate con candele e torce a macchine con stili più moderni realizzate in leghe leggere, fibre e materiali altamente tecnologici, che insieme alle sorgenti luminose elettriche e a fiamma viva valorizzano i meravigliosi rivestimenti in carta pesta.
La processione da Porta Romana al Santuario di Santa Rosa
Il 3 Settembre, al calare dell’oscurità, le illuminazioni pubbliche e private vengono spente e l’enorme campanile riccamente illuminato viene trasportato in processione seguendo un percorso lungo un chilometro per le strette vie e le piazze di Viterbo da circa cento uomini chiamati “Facchini di Santa Rosa” che indossano una tradizionale divisa di colore bianco con una fascia rossa in vita.
Il trasporto della Macchina di Santa Rosa comincia da Porta Romana e prosegue effettuando varie soste su cui viene poggiata su possenti e speciali cavalletti per poi concludersi davanti al Santuario della Santa dove la macchina viene esposta per svariati giorni.
La Macchina di Santa Rosa patrimonio dell’umanità
Dal 2013 la festa insieme alle altre facenti parte della “Rete delle grandi macchine a spalla italiane” è stata inserita dall’Unesco nel “Patrimonio orale e immateriale dell’umanità”.
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