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Anfiteatro Romano

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L’Anfiteatro romano di Catania fu costruito nel II secolo d.C. ai margini settentrionali della città antica ed è il secondo in grandezza dopo il Colosseo. Oggi è visibile solo una piccola sezione che si affaccia in Piazza Stesicoro

 

L’anfiteatro romano di Catania: storia e dettagli

 

L’edificio presentava una pianta di forma ellittica. La circonferenza esterna si aggirava attorno a 310 metri mentre, quella interna 192 metri. Nella cavea erano presenti 14 gradoni e probabilmente, in origine era prevista una copertura di teli che consentiva di riparare gli spettatori dalle intemperie climatiche. Per la costruzione fu utilizzata la pietra lavica dell’Etna ricoperta di marmi e possedeva 32 ordini di posti. Esternamente, gli archi presentano mattoni rettangolari tagliati regolarmente mentre, all’interno sono costituiti da grandi scaglie radiali. Una leggenda narra che l’Anfiteatro ospitava delle naumachie, ovvero spettacoli che rappresentavano vere e proprie battaglie navali, possibili poiché la cavea veniva riempita d’acqua. 

 

La porta dell’Anfiteatro

 

L’ingresso dell’Anfiteatro è articolato in una porta metallica inquadrata dalla struttura antica costituita da colonne marmoree con capitelli ionici, sormontate da un architrave su cui è incisa la scritta Amphiteatrum Insigne. Alle estremità laterali della porta vi sono altre due colonne monche raccordate al portale d’ingresso da muri, su cui campeggiano gli epitaffi simbolici di due illustri personaggi greci legati a questa zona, ovvero Caronda, ricordato anche dalla via omonima, e Stesicoro, che diede l’antico nome alla via Etnea, la strada principale del centro di Catania

 

Una leggenda di fuoco

 

Una leggenda narra che nel 252 d.C. un’eruzione dell’Etna colpì la città di Catania senza distruggere l’Anfiteatro. Questo racconto tradizionale si basa sulla vita di Sant’Agata riportata negli Acta Sanctorum di Jean Bolland, un gesuita e storico belga, nei quali viene narrato che un anno dopo la morte della santa, nel 251, un’eruzione dell’Etna si riversò alle porte della città e i cittadini preoccupati andarono a prelevare il velo mortuario della tomba della santa per poter scongiurare, attraverso la sua benevolenza, la terribile avanzata di lava. Sembra che, eminenti vulcanologi come Carlo Gemellaro abbiano considerato oggettivamente questa fonte agiografica tanto da interpretare erroneamente l’Anfiteatro – il quale era posto all’inizio della città – come il punto in cui la lava si fermò. Infatti studi stratigrafici recenti hanno dimostrato non solo che l’eruzione non ebbe origine dall’Etna (bensì dal Monpeloso) ma che non raggiunse mai la città di Catania perché, riversata quasi completamente a Nicolisi, si arrestò a Mascalucia, a 450 metri circa in direzione di Catania.

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