Chiesa Madre di Santa Maria delle Grazie
La Chiesa Madre di Carosino, intitolata a Santa Maria delle Grazie, è il principale luogo di culto della comunità religiosa locale.
La storia della chiesa
Situata nel pieno centro cittadino a pochi passi dal Palazzo Ducale e dal Parco Comunale, la chiesa sorge nel luogo dove secondo un’antica leggenda la Madonna apparve a un pastorello donandogli nuovamente la capacità di sentire e parlare. In seguito a tale evento una grande mole di fedeli provenienti da altre località confluirono nel piccolo centro abitato rendendo necessaria lo costruzione di una cappella tra il 1545 e il 1577. Solamente a metà del XVIII secolo la struttura subì una rilevante ristrutturazione definendo quella che è l’attuale Chiesa Madre, tuttavia questi interventi eliminarono quasi totalmente i resti dell’antica cappella, scomparvero infatti i magnifici affreschi che arricchivano l’interno della chiesa e l’altare maggiore venne ricostruito lungo il versante posto a sud. Le uniche opere sopravvissute furono l’affresco della Madonna col Bambino e altorilievi ritraenti i miracolati dalla Vergine.
Il paese nell’arco della sua storia ha vissuto svariati periodi sfavorevoli che comportarono la conseguente decadenza della Chiesa Madre. Solo nel 1899 vennero avviati i primi lavori di restauro dall’Arciprete Cosimo Fiorino seguiti nel 1976 da nuove opere di ristrutturazione da don Angelo Marzia.
Le opere all’interno della Chiesa Madre di Carosino
All’interno della chiesa si possono scorgere svariate opere di pregevole fattura come la statua in cartapesta rappresentate la Vergine durante l’apparizione al pastorello miracolato e una statua in legno della Madonna delle Grazie risalente al 1681.
L’altare maggiore è arricchito da colonne, statuette tra cui quella ritraente San Cataldo e dall’affresco della Madonna col Bambino, manifestazione della devozione popolare verso la Vergine. Una particolarità di tale opera, che ne conferisce grande rarità visto il periodo storico, è il seno visibile durante l’allattamento, infatti il Concilio di Treno considerava ai tempi questa tipologia di rappresentazione più profana che sacra.